di Natalia Stabilini

In qualità di esperti di apprendimento, noi Learning Coach non possiamo ignorare l’importanza della comparsa dell’Intelligenza Artificiale nella nostra vita e in particolare nel panorama educativo.

L’Intelligenza Artificiale, in parole molto povere, è la capacità delle macchine o dei programmi informatici di pensare, agire e apprendere come una persona, nonché di modificarsi in base a nuove informazioni.

Tutti noi, ormai, la utilizziamo ogni giorno per scopi diversi, come timer per scolare la pasta e per programmare la giornata, per redigere un testo e per svolgere i compiti di matematica – e persino quando sentiamo il bisogno di un supporto emotivo o di un consiglio di tipo sentimentale. Per non parlare, ovviamente, dell’ambito lavorativo, in cima a tutto il settore automotive.

I giovani, in particolare i più piccoli, la considerano parte della loro realtà: non conoscono un mondo in cui l’Intelligenza Artificiale sarebbe stata, semplicemente, fantascienza. Come lo sarebbe stata per noi alla loro età.

Quello che si impone all’attenzione di noi Learning Coach, e che stimola riflessioni interessanti, è la modalità di apprendimento dell’Intelligenza Artificiale. Essa apprende, infatti, imitando la mente umana, a tal punto che la si può considerare dotata di una sua consapevolezza metacognitiva: l’Intelligenza Artificiale, infatti, sa che cosa sa ma anche che cosa non sa, ed è in grado di colmare la sua non-conoscenza andando a cercare altri dati, proprio come facciamo noi. Tuttavia, l’Intelligenza Artificiale non è dotata di consapevolezza metacognitiva se essa è intesa come la capacità di osservare il proprio processo di apprendimento. L’Intelligenza Artificiale, infatti, impara come la mente umana perché noi umani l’abbiamo programmata per apprendere in questo modo, pertanto non è in grado di fermarsi a riflettere sui propri processi interni. Non si pone domande, insomma, su quello che sta facendo, né tantomeno sul proprio stato interiore. Questo avviene anche quando si tratta di modelli generativi, in grado cioè di produrre informazioni nuove o mancanti.

Prima di addentrarsi in questioni etiche più complesse quali il libero arbitrio, questa cruciale differenza tra mente umana e mente artificiale potrebbe rappresentare un ricco spunto da portare all’attenzione dei giovani, soprattutto dei più piccoli.

Un utilizzo “sano” dell’Intelligenza Artificiale potrebbe essere argomento di discussione già a partire dagli ultimi anni della scuola primaria (quarta e quinta elementare), per scongiurare una confusione che talvolta sembra farsi strada non solo tra i giovani, ma anche tra gli adulti. Senza condannare nulla, ma mettendo bene in chiaro al contempo le grandi potenzialità così come i grandi pericoli intrinseci in una mente che funziona come quella umana, ma che umana non è.

Invitando i bambini a fermarsi a osservare il funzionamento dei propri processi mentali, e a comprendere ciò che ci distingue dall’Intelligenza Artificiale, potrebbemmo aiutarli ad ampliare il loro sguardo su quanto ci rende meravigliosamente, fatalmente umani.

Volendo ampliare lo sguardo sulla relazione di coaching, e in particolare di learning coaching, non può sfuggirci che nell’interazione con una mente non-umana mancherebbero quegli elementi che sono alla base del coaching, ossia l’ascolto attivo e l’empatia. Nell’interagire con il suo coachee o discente, infatti, il coach, con il suo approccio egoless, consente al coachee di esprimere il proprio vissuto e di vederlo in qualche modo rispecchiato nell’altro. La storia del coachee, i suoi sentimenti, desideri ed emozioni trovano un proprio spazio di espressione nell’umanità dell’altro – umanità che è fatta di ascolto, di empatia, ma anche del fatto che sempre, immancabilmente, nel rivestire il ruolo di coach, qualcosa della storia di chi si ha di fronte si intreccia con la nostra, in qualche modo risuona in noi, e proprio in questo risuonare sta la peculiarità del coaching, ciò che lo rende efficace e che consente all’altro di trovare nuove consapevolezze e risposte.

L’altro elemento che differenzia l’interazione tra due menti umane da quella tra una mente umana e una artificiale è il fatto che, per definizione, all’inizio di una relazione di coaching o di learning coaching non si sa mai dove si arriverà, e questo fa parte di quella evoluzione che caratterizza tutte le relazioni umane. Laddove infatti in una sessione di coaching non sappiamo mai, a priori, che cosa emergerà, e spesso si fanno scoperte del tutto inattese, una mente arficiale è programmata per rispondere a una serie predefinita di stimoli, pertanto non potrà mai aiutare il suo interlocutore a esplorare spazi inesplorati. La sua non-umanità glielo impedisce.

In conclusione, quello che avviene tra due persone in una relazione di coaching non può essere sostituito dallo scambio con una mente artificiale, proprio perché è anch’essa meravigliosamente, fatalmente umana.

Natalia Stabilini
Life e Learning Coach®